Dal coraggio all’oblio. Storia di Valerij Legasov
La sera del 29 aprile del 1988 il telegiornale sovietico Vremya annuncia la morte del chimico Valerij Legasov, avvenuta mercoledì 27 aprile, il giorno dopo il secondo anniversario del disastro di Chernobyl. Era nato a Tula il 1° settembre 1936. Figlio di un ideologo di partito, frequenta il prestigioso Istituto Mendeleev di Chimica e Tecnologia di Mosca che forma gli specialisti per l’industria nucleare e il settore energetico. Si trasferisce all’Istituto Kurchatov per l’energia atomica, dove consegue il dottorato in chimica nel 1972 e di cui diventa primo vicedirettore nel 1983.
26 aprile 1986: la mattina Legasov è nominato nella commissione che ha il compito di indagare sulle cause del disastro di Chernobyl e prendere tutte le misure necessarie per ridurre i danni.
Arriva a Pripyat la sera dello stesso giorno, insieme al vicepresidente del Consiglio dei Ministri dell’URSS Boris Scerbina. Ad accoglierli trenta rappresentanti della commissione governativa, composta da ministri del governo, ufficiali dell’esercito e specialisti dell’industria nucleare. La situazione si presenta immediatamente difficile: i rapporti non sono precisi, non è stato predisposto alcun piano, ma, soprattutto, arriva l’ordine che nulla di quanto accaduto deve trapelare.
I fatti di Chernobyl – ancora oggi il più grave incidente nucleare della storia – provocano una reazione politica e pubblica. A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta la questione ambientale entra nelle agende politiche delle organizzazioni sovranazionali. Nel 1987, per la prima volta, viene inserito in un trattato europeo il titolo “Ambiente”: è la prima tappa ufficiale per una politica comune di salvaguardia.
Per l’Unione Sovietica l’esplosione del reattore 4 è un punto di non ritorno: accelera l’urgenza di una riforma del sistema sovietico che il neo segretario Michail Gorbačëv ritiene necessaria e che condiziona anche le logiche bipolari della Guerra fredda. E proprio Gorbačëv sosterrà che “Chernobyl fu forse la vera causa del crollo dell’Unione Sovietica cinque anni dopo il disastro”.
Nato a Tula il 1° settembre 1936, nel 1983 diventa primo vicedirettore dell’Istituto Kurchatov per l’energia atomica.
Valerij Legasov
Chimico sovietico
Legasov comprende di non avere tempo da perdere: deve evitare la minaccia di una nuova reazione a catena nel reattore, soffocare la nube radioattiva e decidere se ordinare l’evacuazione della città. Non è facile convincere Scerbina che l’incidente non potrà essere insabbiato e che è necessario agire; ma alla fine i due si intendono e la sera del 27 aprile evacuano la città. E’ l’inizio di una lunga operazione di messa in sicurezza della centrale e del territorio che la circonda.
Nell’agosto del 1986 Legasov è chiamato a fornire all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica a Vienna un resoconto sulle responsabilità dell’Unione Sovietica nel disastro. Il suo intervento pacifica la comunità internazionale, ma irrita i colleghi sovietici: rientrato in patria viene emarginato e ridotto al silenzio, la diffusione dei suoi dossier vietata.
Nel giorno del secondo anniversario del disastro si toglie la vita. Prima di farlo registra una cassetta audio nella quale si sofferma su tutti i fatti relativi alla catastrofe che gli era stato impedito di rivelare. Ancora oggi la registrazione non è completamente accessibile.
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